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Coronavirus, perché si parla di «seconda ondata» dell’epidemia e perché non dobbiamo abbassare la guardia

02 Aprile 2020 - 06:40 David Puente
Dopo i primi dati positivi possiamo abbassare la guardia? Se non stiamo attenti il timore è l'arrivo di una seconda ondata, anche in autunno

Uno dei timori riguardo la pandemia causata dal nuovo Coronavirus è l’arrivo di una «seconda ondata» di contagi e dunque un ritorno all’emergenza dopo i tanti sacrifici fatti. Questa eventualità risulterebbe duplice e potrebbe essere generata abbassando la guardia o con un ritorno il prossimo autunno.

Chi potrebbe rischiare di dover affrontare una «seconda ondata», per negligenza o per eccessiva fiducia, è la Cina. Da una parte abbiamo un sistema che aveva negato il pericolo arrestando 8 persone – tra questi Li Wenliang, il «medico eroe» deceduto il 7 febbraio scorso – che denunciarono i rischi che correva la popolazione cinese. Da un’altra parte abbiamo un’eccessiva fiducia che potrebbe far pensare di essere usciti dal tunnel con un conseguente calo dei test effettuati sulla popolazione.

Lo scenario peggiore potrebbe essere quello della propaganda a favore di un rilancio economico che porti a nascondere eventuali seconde ondate locali. Nonostante ciò, il Primo ministro cinese Li Keqiang avrebbe avvertito le amministrazioni locali invitandole a non abbassare la guardia e di «non nascondere» eventuali casi riscontrati.

Test effettuati sui cittadini di Wuhan. 1 aprile 2020

C’è anche il problema degli asintomatici che, come riportato dal China.caixin.com citando una fonte del CDC cinese, potrebbero ancora diffondere il virus. Purtroppo la questione degli asintomatici non è ancora stata «presa troppo sul serio» tanto che le infezioni asintomatiche non sarebbero state conteggiate come casi confermati. Secondo un articolo del 22 marzo pubblicato dal South China Morning Post, il numero dei «portatori silenziosi» potrebbe toccare le 43 mila unità.

A parlare di un eventuale ritorno stagionale è Anthony Fauci, lo scienziato e immunologo conosciuto per il suo impegno contro l’AIDS fin dai tempi dell’amministrazione Reagan, ma conosciuto oggi come il «correttore di Donald Trump» e come quello che mostra in diretta un bel «facelpalm» quando il Presidente americano dice qualcosa di sbagliato. Lo stesso Fauci ha raccontato che le modifiche che fornisce ai discorsi del presidente sul Coronavirus vengono quasi sempre ignorate.

Anthony Fauci (a destra) mentre Donald Trump (a sinistra) lascia la conferenza stampa del 26 marzo 2020

Fauci è diventato la figura di riferimento – credibile – nell’amministrazione americana, travolto nel bene o nel male dall’amministrazione trumpiana. Rispetto a Donald Trump, Fauci è propenso non solo a misure restrittive e più durature nel contrasto al virus, ma si è rivelato anche pessimista per certi aspetti. Ad esempio, in merito al vaccino ha affermato che potrebbe sì arrivare, ma che potrebbero non esserci dosi sufficienti per tutti.

Le vaccinazioni rimangono un elemento fondamentale per il contrasto alla pandemia e secondo Fauci bisogna accelerare la ricerca per far fronte al rischio di una seconda ondata, se non addirittura un ritorno ciclico e stagionale, una possibilità valutata dal fatto che – sempre secondo quanto dichiarato da Fauci – si iniziano a riscontrare casi di contagio nell’emisfero australe con l’arrivare della stagione invernale:

And the reason I say that is that what we’re starting to see now in the Southern Hemisphere – in southern Africa and in the Southern Hemisphere countries – is that we’re having cases that are appearing as they go into their winter season,

If, in fact, they have a substantial outbreak, it will be inevitable that we need to be prepared that we’ll get a cycle around here the second time.

Potremmo gioire e raccogliere i frutti degli sforzi messi in campo per affrontare la pandemia, ma non dobbiamo mollare la presa tanto facilmente di fronte alle prime buone notizie, altrimenti rischiamo di dover ricominciare da capo. Il tutto in attesa di un vaccino efficace, di conoscenze più approfondite sugli asintomatici, sui tempi della convalescenza e dell’effettiva immunità, per ridurre eventuali rischi.

Il parere degli esperti:

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